Sergio Marchionne è stato un controverso manager di successo. C’è chi lo adora e chi lo odia, purtroppo è scomparso troppo presto perché le persone se ne facessero un’idea precisa
Nemmeno chi lo odiava ha fatto in tempo ad odiarlo fino in fondo, per esempio il segretario generale della CGIL Maurizio Landini che nonostante fosse stato più volte in contrasto in realtà ancora oggi riserva una parte di rispetto per il lavoro fatto da Marchionne.
Qualche mese fa seguii per caso in TV il documentario RAI “Sergio Marchionne” l’uomo della rivoluzione Fiat”.
Conoscevo abbastanza bene la figura mistica di Marchionne anche se nel 2015 ero appena laureato, mio padre è sempre stato un grande appassionato di automobili e sostenitore dei marchi italiani come la Fiat e non c’era giorno che non venisse menzionato Marchionne. Poi, sempre mio padre da sindacalista OR.S.A. non poteva non menzionare l’antagonista del manager, Maurizio Landini.
Così in quel momento, mentre guardavo il documentario decisi che dovevo assolutamente leggere una sua biografia e dopo una breve ricerca online mi è stato consigliato “Sergio Marchionne di Tommaso Ebhardt” pubblicato nel 2019 da SPERLING & KUPFER (vedi su Amazon).
Sergio Marchionne, l’uomo con il maglione nero
Sono convinto che se oggi Marchionne fosse ancora in vita lo vedremmo parlare con personaggi come Elon Musk, Bill Gates, Jeff Bezos o Mark Zucchemberg, non per la loro ricchezza ma per la loro capacità imprenditoriale. Non dimentichiamoci che è andato a spasso con Obama nelle fabbriche di Chrysler, così per dire.
Sono certo che dopo l’esperienza Fiat si sarebbe buttato a capofitto in progetti e operazioni industriali funambolesche con un unico obiettivo: fare la differenza.
Dalla biografia si legge che stimava Steve Jobs, ma criticava il modello di Business di Elon Musk. Eppure si legge quanto lui fosse intenzionato a fare la differenza, per questo sono convinto che Musk e Marchionne oggi con la pandemia COVID-19 e la guerra in Ucraina sarebbero andati d’accordo.
I due, o si sarebbero messi a dare battaglia o si sarebbero alleati: in entrambi i casi sono convinto che Marchionne avrebbe rispettato Musk sostenendo operazioni del tipo acquisizione di Twitter.
Altra cosa che avrebbe fatto grazie alla sua capacità di anticipare i tempi, è portare la Ferrari in Formula E (cosa ancora non avvenuta). Questo, nonostante nella biografia si legge che Marchionne fosse inizialmente scettico verso l’elettrico, ma negli ultimi tempi aveva chiaramente cambiato idea definendola comunque “il futuro”, scommetto che avrebbe fatto l’arduo passo.
Marchionne nella sua carriera ha dimostrando più volte di cambiare radicalmente idea in breve tempo a volte anticipando i tempi anche di chi era partito prima di lui.
Non condivido tutte le scelte di Marchionne
Forse sulla Ferrari aveva un’idea troppo generalista rispetto al marchio e questo glie lo critico anche io. Penso che la Ferrari debba rimanere un marchio esclusivo.
La Ferrari, da sola, vale metà dell’immagine italiana. Ma questo lo sapeva anche Marchionne, infatti è grazie a lui se la Ferrari oggi è quotata in Borsa.
Quello che lui voleva fare in Ferrai, penso invece che doveva essere fatto in Maserati o in Alfa Romeo: marchi di lusso-premium ma per un pubblico più ampio e (come in realtà è oggi).
Chiudere la Lancia è stato un errore
Anche chiudere la Lancia è una delle cose che non condivido, avrebbe potuto trasformala un marchio di radice full-elettric ma di nicchia in stile DS della Citroen, Lexus della Toyta o la Cupra della Seat.
Lasciando così, ai marchi storici, una strategia di marketing maggiormente conservativa, sperimentando invece prodotti innovativi su un marchio ormai privo di senso industriale come la Lancia. Cosa che oggi effettivamente si sta pensando, ma poteva anticipare tutto di quasi 10 anni ed arrivare a competere oggi con i primi modelli full-elettric.
Il Marchionne pensiero
Personalmente riconosco molti pregi nel lavoro fatto da Marchionne anche se nella realtà avrà fatto molte scelte discutibili, ma scegliere ha questo difetto: non sempre si ha ragione.
Dalla biografia di Ebhardt condivido molto il modo di lavorare di Marchionne e penso che sia stato di grande valore per le aziende che ha guidato. Mi riconosco in moltissime delle sue espressioni e modi di vedere il mondo, per molti versi la penso come lui.
Secondo me per capire Marchionne bisogna comprendere che lui è un outsider del mondo manageriale, è nato in Abruzzo non a Milano, dove probabilmente sono immatricolate sono più macchine agricole che automobili, si mangiano arrosticini invece che sushi gourmet ed internet ancora oggi nel 2022, come nel resto del sud Italia, in alcuni posti è ancora un miraggio.
Aggiungiamoci che Marchionne è emigrato in Canada giovanissimo senza conoscere una sola parola di Inglese, dove oltre essere Italiano era anche terrone e pure figlio di Carabiniere. Un disastro. Pochi altri stereotipi gli mancavano per fare l’en plein.
Nonostante tutto ha avuto una carriera manageriale di alto profilo di grandissimo successo scalando fin ai vertici di Fiat e FCA e collaborato con moltissime università.
Arrivo in Fiat
Quando Marchionne arrivò in Fiat nessuno lo conosceva: solo qualche Agnelli sapeva chi fosse. Dalla biografia si legge che per tutta la sua carriera Marchionne sembra che abbia fatto sempre tutto il contrario di tutto, eppure spesso ha avuto ragione, non sempre, ma spesso si.
Ha avuto ragione quanto basta per trasformare Fiat da una piccola azienda italiana di automobili di discutibile qualità ormai fallita e sommersa dai debiti, in un colosso mondiale quotato in borsa che oggi conta decine di marchi diversi.
Probabilmente, tutto questo è stato possibile solo grazie al suo essere outsider.
La sua genuina “ignoranza del mondo finanziario classico”, ignoranza nel senso non di “non-conoscenza”, ma proprio di “non essere cresciuto in quel mondo” tanto da non avere particolari pre-concetti tipici di chi è cresciuto tra ruoli di CEO e operazioni bancarie e azioni.
Non veniva da una famiglia di manager ed imprenditori, non aveva nessuna forma mentis pregressa tale da farlo comportare come ci si aspettasse da un manager di quel profilo.
Ovviamente conosceva molto bene la finanza, ma aveva un idea del mondo e della finanza che sembrava essere tutta sua. Da qui le sue decisioni magari imprevedibili o difficilmente comprensibili dagli addetti hai lavori, ma che hanno funzionato.
Per questo credo che alla fine sarebbe andato d’accordo con Elon Musk. Entrambi hanno una rotella fuori posto da qualche parte nel loro cervello.
I’m a fixer … I’m not a good storyteller
Sono certo che oggi in un mondo afflitto da pandemie, crisi energetiche, crisi geo-politiche avrebbe tirato fuori il coniglio bianco dell’industria, esclamando “I’m a fixer”.