Verba volant, scripta manent … electron-beam lithography manet in aeternum

Che tradotto, vuol dire:

“Le parole volano, gli scritti restano,
le litografe da fascio elettronico resistono all’Infinito”

ed aggiungerei “possono viaggiare nello spazio più profondo“.

Qualche tempo fa ho aderito ad una iniziativa della NASA che permetteva a chiunque di inviare il proprio nome su Marte attraverso la missione InSight.

Non era la prima volta che lo facevano e mi chiedevo “li-per-lì” come lo avrebbero mandato il mio nome: forse digitalmente? In realtà già tempo addietro avevano mandato in orbita una selezione del sapere umano attraverso un disco inciso attraverso la missione Voyager del 1977.

La risposta mi arriva attraverso questa fantastica foto di un ingegnere della Nasa che posiziona sul lander, che sarà spedito Maggior prossimo, una piccola piastra quadrata da 8mm di silicio su cui sono incisi 1,200 milioni di nomi (tra cui il mio :D) per mezzo di un fascio di elettroni, tecnica altrimenti chiamata “litografia da fascio elettronico” (electron-beam lithography).

I nomi sono incisi ad una dimensione tale che possono essere visti solo al microscopio elettronico. Normalmente la tecnica è utilizzata per realizzare dispositivi su scala nanometrica di alta precisione. La stessa tecnica, in oltre, è stata utilizzata per inviare altri milioni di nomi su Marte già sulla prima missione di test Orion.

La cosa mia ha fatto pensare non poco, perché tecnicamente questa è un’incisione.

E quindi non è altro che un “livello successivo” alle classiche pitture o incisioni rupestri presenti sulla Terra già nel Paleolitico, i Geroglifici Egizi o la Bibbia di Gutenberg…

In pratica abbiamo inviato su Marte una versione moderna delle più classiche incisioni rupestri (non sono un esperto, magari le foto sopra sono di un’altro periodo) e da qui la frase:

Verba volant, scripta manent … electron-beam lithography manet in aeternum.


Credits:

 

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